La casa di Michelangelo: un edificio dimenticato, perduto e ritrovato
- Simona
- 17 nov 2014
- Tempo di lettura: 9 min
Qualche giorno fa passeggiando per Roma vicino a Piazza Venezia, la mia attenzione é caduta sulla zona vicino alla Colonna Traiana sullla destra. Un luogo un tempo dedicato al parcheggio delle carrozzelle, dei taxi ed ora completamente divelto , dovuto ai lavori per la nuova metropolitana. Quando si apre un buco a Roma le sorprese non mancano, sono tanti gli avvicendamenti architettonici tanto che quando si scava non ci si domanda se si incontra qualcosa, ma cosa. In questo caso peró io sapevo cosa erano quei massi, quei pezzi di muro e mi sono emozionata. Proprio nella piccola piazzola infatti un tempo c'era la casa di Michelangelo Buonarroti. .Sono tanti i ricordi che mi sono venuti in mente vedendo quelle rovine perché per un anno facendo la mia tesi di laurea sulle case degli artisti a Roma nella prima metá del '500, ricercando e leggendo i testi originali, le mappe ed i carteggi ho potuto quasi rivivere fatti di vita quotidiana di questi grandi artisti in una Roma ormai scomparsa.
La casa di Michelangelo, venne demolita nell'attuazione del piano regolare del 1883 che prevedeva la completa riqualificazione della zona dei Fori, del Campidoglio e dell'immissione in via del Corso. All'epoca la casa di Michelangelo era incorporata con Palazzo Torlonia ed era ormai difficile risalire alla planimetria originale inoltre non vi erano caratteristiche architettoniche o aspetti particolari dell'edificio che potessero far intuire o risalire a chi più di trecento anni prima avesse vissuto tra quelle mura. Non gli si è data tanta importanza forse perché "l'abitazione di un artista è sempre oggetto di curiosità: ma diventa oggetto di attenzione e di interesse più grande ogni qualvolta sia stata o eretta o ridotta a proprio uso da lui medesimo".(Carlo D'Amico)
La Tipologia e le caratteristiche tecniche della casa
Nei primi del Cinquecento la maggioranza dei pittori e scultori vivono ancora secondo la regola delle corporazioni, aiutandosi vicendevolmente a meno che non ci sia qualche gelosia o rivalità. La casa di conseguenza è solo uno strumento di importanza relativa nella loro vita quotidiana e non un mezzo con cui estrinsecare il proprio estro o la propria rilevanza nella storia e struttura della città, (salvo alcune eccezioni come il caso di Raffaello Sanzio da Urbino, ma questa è un'altra storia!) Fino a quando non erano artisti autonomi abitavano con il loro maestro, se erano stranieri potevano approfittare dell'ospitalità pontificia presso il Belvedere, di qualche nobile o curiale che si interessasse a loro.
Per Michelangelo come vedremo la casa è più fonte di preoccupazioni che di gratificazioni artistiche. La casa di Macel de'Corvi, come qualsiasi casa in affitto è sempre gravata dal rischio di sfratto, ma l'artista se ne interessava limitatamente ed ancor meno lo preoccupava di segnalare la sua presenza in città. A riguardo una lettera al nipote è molto chiara: "al prete dì che non mi scriva più a Michelagniolo scultore, perché io non ci sono conosciuto se non per Michelagniolo Buonarroti..."
Da antichi documenti e biografie sappiamo che l'artista abitava a Macel de' Corvi vicino alla chiesa della Madonna di Loreto, presso la Colonna Traiana. Sebbene non ci sia pervenuta alcuna planimetria, possiamo dedurre che la casa avesse una struttura tipicamente tardo quattrocentesca, di dimensioni comode, ma non tanto grandi da poter essere considerata un palazzetto, disposta su due piani, con piccole finestre. Era una casa buia, ma ciò era una prerogativa comune del periodo ed i vetri erano una rarità. Nella stessa proprietà incidevano altre due piccole abitazioni, che sia durante la residenza di Michelangelo che durante la sua assenza sono state affittate. La casa principale aveva due camere al primo piano ed una torre da cui si accedeva tramite una scala esterna mentre al piano terra c'era la cucina, tinello, una stanza dove lavorava il marmo, una cantina, . C'era anche una stalla che poteva contenere due cavalli. Alcuni studiosi ritengono che la casa fosse più grande, ma non avendo alcuna rilevanza particolare, gli altri ambienti non sono mai stati menzionati. Aveva anche un terreno dove all'inizio teneva i marmi, ma venne poi convertito in orto con frutteto e vigna su cui si affacciavano anche le due piccole dependance. Per quanto riguarda gli spazi esterni della proprietà non dovevano essere di dimensioni così ridotte se la vigna soddisfaceva il fabbisogno suo e dei suoi amici Tommaso Cavalieri e Sebastiano del Piombo. Possedeva diversi tipi di frutta: come fichi, melograni, pesche e normalmente lo stesso Michelangelo seguiva i raccolti. L'arredamento si riduceva ad elementi di stretta necessità, tanto che nelle varie occasioni se ne occuparono gli amici più fidati. Per la maggior parte erano prestiti o cose rimediate nelle rispettive case come i materassi datigli da "frate Sebastiano".
Il contratto per la tomba di Giulio II e la sua casa un legame lungo e travagliato
Attraverso il suo carteggio riusciamo ad avere molte informazioni inerenti la connessione tra la commissione del monumento funerario del papà Giulio II e la sua residenza romana a Macel de' Corvi come parte integrante delle condizioni di pagamento. Nel 1513, anno della salita al soglio pontificio di Leone X della famiglia dei Medici, il Buonarroti già viveva a Macel de' Corvi a pigione come parte dell'accordo preso con il papà Della Rovere, ma il nuovo papa aveva per lui altri progetti che lo portarono a Firenze per la realizzazione delle tombe Medicee e la facciata di San Lorenzo. L'artista non stava tranquillo a dover lasciare i marmi già iniziati e Leonardo, il suo fedele servitore lo rassicurava che " ogni chosa sta bene; e di qua non abiate pensiero nessuno ". Nel 1517 manda a sistemare la casa in quanto gli eredi della famiglia Della Rovere la rivogliono indietro vedendo che i lavori non procedono, ma chiede che vengano chiuse in una stanza le sue pertinenze, quali attrezzi, disegni cartoni marmi etc., inoltre chiede che venga fatto un inventario dei suoi beni lasciati nell'edificio. Nel 1518 la situazione peggiora, deve liberare la casa ad eccezione dei marmi ed in accordo con Leonardo fa restituire anche le chiavi onde evitare maggiori attriti per eventuali danni. Nel 1521 Leonardo gli suggerisce di chiedere l'intercessione del pontefice in quanto non essendoci eredi diretti nella famiglia Della Rovere, il papa stesso può disporre per risolvere la questione. Non si sa se la richiesta venne inoltrata sotto forma di petizione personale, ma nello stesso anno la casa risulta affittata a dei Lombardi, ma i marmi sono sempre dentro. Nel 1524 Giulio de' Medici, sali al seggio pontificio con il nome di Clemente VII, ma le speranze continuano ad essere vane. Riemergono infatti gli esecutori testamentari con il Cardinale dei Santissimi 4, e verificando quanto fatto fino a quel momento e quanto era stato stabilito, risulta un credito verso Michelangelo della metà del pagamento pattuito, pertanto la cessione della casa risulta essere una plausibile soluzione con l'approvazione da parte del papa nella trattativa. Il tutto ovviamente a patto che la tomba venga ultimata sebbene con modifiche rispetto alle trattative precedenti. Occorre più di un anno perché gli accordi si semplifichino è che la casa principale della proprietà sia a disposizione come casa padronale dell'artista mentre le due laterali si possono affittare. Nel 1531 è Sebastiano del Piombo che scrive al suo amico descrivendogli la situazione e le notizie non sembrano affatto buone. Il vecchio inquilino sembra aver fatto parecchi danni ed anche i marmi in alcuni casi sembrano compromessi, per non parlare dei cartoni e dei disegni che se non si ricorre in tempo rischiano di perdersi a causa delle infiltrazioni d'acqua dal tetto che ci sono quando piove. Finalmente nell'aprile del1532, un nuovo cambio del contratto per la tomba, converte definitivamente Michelangelo proprietario della casa a Macel de' Corvi poco dopo e sarà anche libera degli occupanti, ma che se vuole può tenere una famiglia in una delle dependance che poi si prenderanno cura dell'intera proprietà. La casa però verrà completamente scagionata da ogni rapporto con il contratto della tomba solo il 20 agosto 1542, data dello scioglimento del contratto. Fino a questo momento Michelangelo occupava la casa, ma la proprietà poteva essere ancora controversa. Alla sua morte, Leonardo suo nipote, affittò la casa a Daniele Ricciarelli da Volterra, amico di Michelangelo e pittore. Quando entrò erano molti i lavori da fare, come il rifacimento del tetto nella sala dei marmi, la sistemazione dell'oro e del frutteto. Ma i lavori non vennero portati a termine in quanto lo stesso pittore morì.
Non ci è pervenuta nessuna documentazione topografica dell'edificio e gli eredi la vendettero nel 1605.
Aneddoti
Dalle biografie a lui contemporanee risulta essere una figura molto parca e modesta, dedita più che altro alla sua grande passione: l'arte. Così infatti scrive al suo amico Condivi :" Ascanio Per ricco ch' io mi sia stato, sempre son vissuto da povero." Ma non era avaro, piuttosto parsimonioso e si interessò sempre delle persone a lui vicine. Michelangelo non dava molta importanza alla casa e la sua non aveva alcun elemento che potesse indicare al semplice passante, l'identità, lo status sociale o la personalità del proprietario.
La casa non gli generava delle preoccupazioni solo come residenza, ma anche dal punto della gestione; "Le serve specialmente fussero fanciulle o maritate furono una delle sue perpetue dannazioni".(Papini) Tra i ricordi di Michelangelo risulta una lunga serie di nomi femminili, ma nessuno dura a lungo alle sue dipendenze o per insoddisfazione dell'artista o viceversa. In alcuni casi le rotture erano brusche. " ....Monna Chiara essí andata on Dio è lasciatomi senza fante senza farmelo sapere innanzi." In altri casi chiede aiuto al nipote per trovare una " serva che fussi buona e netta", benché sia difficile "perché son tutte puttane e porche". Ma non si dispera perché chiude la lettera "....avvisami io do' dieci juli al mese, vivo poveramente ma io pago bene". Ma i cambi si susseguono Lucia,Laura, Benedetta, spicca la Girolama, cacciata dall'artista a male parole al punto " che mai non ci fosse venuta" in quella casa.
Un altro suo cruccio era il vicinato. Sappiamo che a poca distanza dalla sua casa c'era una cloaca e pare che lo stesso Michelangelo avesse fatto dei disegni sui lavori che sarebbero stati necessari per rendere lustro alla zona della Colonna Traiana, ma le vicissitudini storiche bloccarono ogni proposito.La cosa doveva rammaricarlo se in alcuni suoi versi descrive si descrive così:
I’ sto rinchiuso come la midolla
da la sua scorza, qua pover e solo,
come spirto legato in un’ampolla:
e la mia scura tomba è picciol volo,
dov’è Aragn’ e mill’opre e lavoranti,5
e fan di lor filando fusaiuolo.
D’intorn’a l’uscio ho mete di giganti,
ché chi mangi’uva o ha presa medicina
non vanno altrove a cacar tutti quanti.
I’ ho ’mparato a conoscer l’orina10
e la cannella ond’esce, per quei fessi
che ’nanzi dì mi chiamon la mattina.
Gatti, carogne, canterelli o cessi,
chi n’ha per masserizi’ o men vïaggio
non vien a vicitarmi mai senz’essi.15
L’anima mia dal corpo ha tal vantaggio,
che se stasat’ allentasse l’odore,
seco non la terre’ ’l pan e ’l formaggio.
La toss’ e ’l freddo il tien sol che non more;
se la non esce per l’uscio di sotto,20
per bocca il fiato a pen’ uscir può fore.
Dilombato, crepato, infranto e rotto
son già per le fatiche, e l’osteria
è morte, dov’io viv’ e mangio a scotto.
La mia allegrezz’ è la maninconia,25
e ’l mio riposo son questi disagi:
che chi cerca il malanno, Dio gliel dia.
Chi mi vedess’ a la festa de’ Magi
sarebbe buono; e più, se la mia casa
vedessi qua fra sì ricchi palagi.30
Fiamma d’amor nel cor non m’è rimasa;
se ’l maggior caccia sempre il minor duolo,
di penne l’alma ho ben tarpata e rasa.
Io tengo un calabron in un orciuolo,
in un sacco di cuoio ossa e capresti,35
tre pilole di pece in un bocciuolo.
Gli occhi di biffa macinati e pesti,
i denti come tasti di stormento
c’al moto lor la voce suoni e resti.
La faccia mia ha forma di spavento;40
i panni da cacciar, senz’altro telo,
dal seme senza pioggia i corbi al vento.
Mi cova in un orecchio un ragnatelo,
ne l’altro canta un grillo tutta notte;
né dormo e russ’ al catarroso anelo.45
Amor, le muse e le fiorite grotte,
mie scombiccheri, a’ cemboli, a’ cartocci,
agli osti, a’ cessi, a’ chiassi son condotte.
Che giova voler far tanti bambocci,
se m’han condotto al fin, come colui50
che passò ’l mar e poi affogò ne’ mocci?
L’arte pregiata, ov’alcun tempo fui
di tant’opinïon, mi rec’a questo,
povero, vecchio e servo in forz’altrui,
ch’i’ son disfatto, s’i’ non muoio presto.
Mi è sembrato molto interessante indagare su dove, ma più che altro come visse questo grande artista a Roma, in quanto conoscere gli aspetti più personali e del quotidiano di un artista ci permettono di apprezzarne maggiormente la sua grandezza comparandolo alla normalità del suo intorno, immaginandolo alle prese con delle difficoltà contingenti con cui si trovava a combattere e di cui nulla emerge nei suoi capolavori. Spero che per voi sia stato altrettanto.
P.S. Ho voluto condividere nel blog queste informazioni, in maniera discorsiva e semplice per far conoscere qualche aneddoto in piú sul grande artista, ma se qualcuno vuole conoscere maggiori dettagli saró ben lieta di fornirgli la bibliografia attinente.
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